La conoscenza dell’altro passa anche attraverso il gioco. Specie per i più piccoli, che proprio attraverso il gioco imparano regole fondamentali che si porteranno avanti anche nel mondo dei grandi.
Abbattere la barriera del pregiudizio e diffondere nei bambini il rispetto delle diversità sono i motivi per cui è stata inventata “Baby Down”, la prima bambola al mondo con i tratti somatici di un bebè con la sindrome di Down, appunto.

La bambola è nata in Spagna nel 2009, ideata dalla casa produttrice di giocattoli  Super Juguete e della Fundacion Down Espana ed è recentemente arrivata in Italia (grazie ad una cooperativa di Bologna, Martin Pescatore). E con essa sono arrivate anche le numerose polemiche.

Il tutto si è scatenato quando alcune associazioni hanno scoperto che la bambola era venduta nel centro commerciale Toys e non hanno gradito il suo nome, dichiarandolo offensivo.  “Affermare di voler integrare le persone che hanno una certa disabilità sottolineando in che cosa consiste la loro disabilità è un passo falso”.Le parole sono importanti e non saperle utilizzare distorce anche la più nobile delle intenzioni. Cara cooperativa la vostra idea mi piace: che ne dite di cambiare però il nome?”, scrive Iacopo Melio, ragazzo disabile e promotore della campagna ‪#vorreiprendereiltreno.

In realtà, come spiegano le aziende produttrici, non c’è nulla di offensivo, anzi: all’interno della confezione della bambola c’è un opuscolo che contiene “alcune semplici indicazioni sulle attività per stimolare le capacità sensoriali e intellettive dei bambini con sindrome di Down. I genitori potranno così orientare i propri bambini al rispetto e all’apprezzamento della diversità, insegnando loro a trattare tutti allo stesso modo supportati da una guida che è molto più che un semplice libretto delle istruzioni”.

L’opinione si divide: se da una parte c’è chi ritiene che sia opportuno dare alla bambola un altro nome, c’è anche chi sostiene che questa bambola sia un utile strumento di sensibilizzazione, un modo per veicolare informazioni corrette sulla sindrome di Down e per costruire una reale cultura della diversità e dell’inclusione. Il tutto senza sturmentalizzare e commercializzare troppo.

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ultimo aggiornamento: 15-01-2016